C’è una categoria che è stata fortemente penalizzata, per non dire paralizzata, dall’emergenza Covid-19 e di cui non si parla.
Mi riferisco alla moltitudine di piccoli Centri di ritiro, di meditazione e di preghiera che si mantenevano grazie alle modestissime quote dei partecipanti, e che svolgevano un lavoro importantissimo per la comunità : quello di nutrire, rigenerare, ricaricare lo spirito, di riparare animi feriti e inquieti, di far sperimentare rapporti di accoglienza e di fratellanza da portare poi da quei piccoli laboratori esistenziali nella vita di tutti i giorni.
La Fraternità di Romena, in Toscana, dove regnano bellezza, accoglienza e sperimentazione di vita nuova.
Il piccolo Eremo di Quorle e le sue settimane di silenzio e di vita condivisa. Svegliàti all’alba dal flauto di Wolfgang, il responsabile dell’eremo, che poi conduce il piccolo gruppo attraverso i boschi e insegna a riconoscere i canti degli uccelli e il profumo delle erbe e guida le giornate con spunti e suggestioni che toccano l’anima.
Condino e i ritiri meditativi condotti da Andrea Schnoeller.
I numerosi centri di meditazione buddhista.
I centri di Yoga : di Yoga come via di realizzazione spirituale, non di “ginnastica yoga”.
Ho citato quelli che conosco e di cui ho esperienza, ma ce ne sono tanti, tanti altri.
E sono tutti allo stremo, non potendo più ricevere gruppi e ospitarli in locali spartani e in camerate dove non si può certo garantire il distanziamento fisico.
Mi sono chiesta perché non se ne parla, nessuno li ha citati, nessuno si è preso cura di loro.
Ancora una volta devo constatare che la risposta alla pandemia si è mossa quasi unicamente sul piano della sopravvivenza materiale : sanità, cure, distanziamento fisico, pane quotidiano.
Giusto. Ma c’è un altro pane di cui l’umanità ha un altrettanto impellente bisogno.
Ce lo dice anche la più famosa preghiera cristiana, il Padre Nostro.
Se andiamo a guardare il testo latino, scopriamo che l’aggettivo che accompagna panem è supersubstantialem (Matteo 6,11). In Luca è quotidianum, ma nella versione greca l’aggettivo è in entrambi epiousion (“sopra o attorno all’essenza”). Quindi mi pare che sia più vicino al significato di “spirituale”, che nutre l’essenza della vita, che nutre l’anima nel senso di ciò che anima la forma.
Senza questo nutrimento, calamità come l’epidemia da Covid le vivremo con la paura dell’animale braccato, non con la lungimiranza di uno sguardo veramente umano, capace di interrogare gli eventi, comprenderne il senso, imparare, trovare soluzioni, cambiare ciò che va cambiato, a partire da noi stessi. E di lì, da quella prospettiva, di meglio gestire, e migliorare, anche gli indispensabili aspetti materiali del nostro vivere incarnato.
Tutto questo non ci viene naturale, e quindi va allenato, praticato, incarnato. E’ quello che si fa in quelle preziose esperienze che sono i ritiri, laici o spirituali, che dovrebbero diventare, appunto, “il nostro pane quotidiano”.

Cara Mariella grazie delle tue parole e della riflessione su queste piccole comunità che si trovano in difficoltà non potendo contare sul sostentamento di coloro che condividono un sentiero affine.L’augurio che si possano sostituire gli incontri online che sono stati importanti e di sostegno con incontri finalmente in presenza. Io ti ricordo con affetto per i momenti vissuti quando le nostre strade si sono incrociate.
Un abbraccio affettuoso stefi
Il silenzio nel media riguardo la vita interiore riflette come dici le preoccupazioni con il mondo fisico e materiale che ci porta a questo momento. Molti si sentono sperduti. Non riconoscino che il pane e dentro di essi.
Invece di chiedersi come posso conoscermi meglio durante la sosta dalla vita distratta, mi sembra che la gente aspetta di ritornare a quel tipo di vita. Dopo questo periodo spero che molti torneranno ai posti di rifugio di cui parli. Sara una necessita come il pane quotidiano.