Può sembrare azzardato parlare della saggezza dei giovani.
In genere il mondo giovanile viene trattato come problema – mentre potrebbe essere la soluzione.
I giovani compaiono alla ribalta dell’informazione quando qualcuno di loro combina guai. Ma i giovani non sono tutti teppisti come i tifosi ultras, non sono tutti “bamboccioni”, non sono tutti scioperati, drogati, bulli e cinici. Questi sono una minoranza. E anche in questi casi, se andiamo a grattare sotto la scorza troviamo potenzialità deviate, bisogni inappagati – come quelli di appartenenza e di ritualità – troviamo la ricerca distorta di un potere che la società non ha permesso loro di esprimere.
Nelle società attuali c’è ben poca attenzione ai giovani. Li condanniamo all’inedia, al precariato, alla disoccupazione. Non li coinvolgiamo nei processi decisionali e nell’elaborazione di visioni di futuro. Soprattutto non pensiamo ai giovani come “serbatoio del nuovo ordine mondiale”, come dice l’ONU.
E’ ben raro che si senta affrontare il problema dell’emergenza globale dal punto di vista dell’educazione e dell’empowerment delle nuove generazioni. Eppure abbiamo in loro una risorsa che potrebbe essere decisiva per uscire dalla crisi che l’umanità sta vivendo. Abbiamo una fonte di energia rinnovabile sparsa in tutto il pianeta che aspetta solo di essere estratta e raffinata, e questa energia sono le menti, i cuori, i talenti, la creatività di tanti giovani che se scoperti e adeguatamente preparati potrebbero riuscire a trovare soluzioni ora imprevedibili alla massa di problemi che ci attanagliano.
Questa è l’intuizione da cui si è sviluppata WYSE, una ONG fondata nel 1988 da Marilyn Feldberg, educatrice e psicosintetista di fama internazionale. L’acronimo sta per World Youth Service and Enterprise. L’idea di fondo era quella di fare incontrare giovani di tutto il mondo, giovani inquieti per come vanno le cose nel pianeta e già predisposti a fare qualcosa (enterprise) per migliorare la vita in se stessi e attorno a loro, in ogni campo : dall’agricoltura alla politica, all’economia, all’educazione, all’ecologia, sostenendoli in questa loro aspirazione e dando loro strumenti e competenze per poter apportare cambiamenti significativi là dove si trovano a vivere.
Tutto questo ha un nome : leadership. Ma non la leadership che conosciamo e vediamo nelle strutture di potere imperanti ora nel mondo. Una leadership ispirata e orientata al servizio e alla innovazione più radicale. I nuovi programmi si chiamano infatti ILP : International Leadership Programmes.
WYSE ha anche attivato programmi per elders. Uso la parola inglese per mancanza di un vocabolo italiano corrispondente. Gli elders non sono i vecchi o gli anziani nel senso che diamo comunemente a questo termine. Sono gli “anziani del villaggio” (globale), i saggi, a cui la comunità si può rivolgere per ricevere sostegno e guida.
Come quella dei giovani, anche questa fascia di età non riceve sufficiente attenzione e rispetto nella nostra società. E neppure, così almeno ci dicono i nostri giovani partecipanti, neppure in quelle società in cui tradizionalmente il vecchio aveva un posto centrale come perno e punto di riferimento della comunità. Eppure, come i giovani, anche gli anziani potrebbero essere una grande risorsa per la società. Occorre fare incontrare anziani di varie etnie e culture per incoraggiarli a riprendersi il loro potere e il loro ruolo di guide e custodi della saggezza e della pace, oltre che di ricucitori del dialogo intergenerazionale, così vitale per il benessere e la sanità di una comunità.
Non sempre i vecchi sono saggi. Ma l’assunto di base della pedagogia WYSE – pedagogia che si estende fino alle ultime fasi della vita – è che l’unica chance per invecchiare bene è quella di diventare saggi.
E chi è un saggio? Uno che ha imparato dalle esperienze – belle e brutte – della vita. Che attraverso questi vissuti ha sviluppato una visione diversa, più distaccata e più chiara, delle cose. E che prima di lasciare questa vita sente di avere qualcosa da restituire agli altri, soprattutto ai giovani. Tutte le cose belle – l’amore, i rapporti, le competenze acquisite, i successi – ma anche le sfide e gli ostacoli, la forza e le qualità che attraverso queste prove abbiamo sviluppato. Restituire, donare, lasciare in eredità. Molti, troppi, lasciano questa vita senza minimamente preoccuparsi di lasciare questo seme.
Giovani e anziani, entrambi emarginati dalla mentalità corrente, come risorsa e seme di futuro, come traghettatori di una umanità che si dibatte in quella che si presenta come la più grande crisi di transizione mai affrontata fino ad ora. E’ importante non lasciar soli coloro che vivono queste poderose trasformazioni, è importante accompagnare, sostenere, ritualizzare. Si potrebbe ipotizzare che iniziative come WYSE , e tante altre affini che esistono nel mondo, si offrano come luoghi comunitari per l’emersione di nuovi modelli e come moderni riti di passaggio per accompagnare questa transizione epocale? Che è, come hanno detto fisici, pensatori e osservatori di varie estrazioni, il passaggio dalla coscienza egocentrica ed etnocentrica, alla coscienza mondocentrica (come dice Ken Wilber) o dell’ “uomo panetario”, come lo chiamano Danilo Dolci e Ernesto Balducci.
Per chi è interessato, ecco qualche notizia sui prossimi programmi WYSE :
22 luglio-5 agosto a Lucca, Italia
maggio 2018 in Kenya
ottobre 2018 in India
gennaio 2019 in Brasile
Per informazioni : www.wyse-ngo.org