La storia di Lorenzo Seminatore, morto di anoressia, ha commosso tutti. Commosso e angosciato.
La morte di un giovane sconvolge, non la accettiamo.
Ma c’è un’altra forma di anoressia, meno visibile, più subdola e altrettanto angosciante. La potremmo chiamare anoressia dell’anima.
Si smette o si rifiuta o ci si scorda di nutrire l’anima.
Cosa poi intendiamo per anima è molto variegato e soggettivo, ma credo che possiamo intenderci su un significato di base: anima è ciò che noi siamo realmente, nel nostro profondo, la fonte da cui attingiamo la forza per vivere e la gioia di vivere, nonostante i dolori. Che ci fa incantare di fronte alla bellezza e ci fa sentire parte di un tutto più grande e straordinariamente… ordinato, nonostante il disordine e il caos che sperimentiamo nelle nostre vite.
Nella diffusa tendenza della nostra cultura alla distrazione e alla rimozione, anche l’anima sta diventando la grande rimossa.
“Preferiamo ignorarla, la verità. Per non soffrire, per non guarire. Perché altrimenti diventeremmo ciò che abbiamo paura di essere : completamente vivi, veri”.
Queste parole di saggezza che ho trovato recentemente in un post, le possiamo applicare anche all’anima.
In questo deserto d’anima un’enorme responsabilità ce l’ha la scuola, almeno dalla scuola media in su. Il tecnicismo, l’ossessione per le verifiche e la valutazione, la frammentazione delle conoscenze, il fermarsi all’evidenza senza scavare alla ricerca dei significati nascosti e delle connessioni fra le varie materie.
La mancanza di un’educazione spirituale nelle scuole.
Che non è l’ora di religione. Provo a dire come la intenderei, anche se è molto difficile. Come ricerca di ciò che vi è di vivo in ogni materia, come capacità di comunicare il senso dell’universale e dei nessi invisibili fra le cose. Qualunque fenomeno fisico rivela frammenti del mondo invisibile e tutti i fenomeni, compreso il fenomeno umano, sono in rete. Dunque non siamo isolati, non siamo separati. Far vedere questo.
Far sorgere la capacità di scoprire bellezza, di leggere per simboli, di operare sintesi, di accorgersi degli orizzonti sconfinati che ci sta aprendo la fisica quantistica, di cogliere le connessioni fra campi apparentemente lontani come la matematica e la poesia, la fisica e la filosofia, le lingue, l’informatica e la musica. E il nutrimento che possono apportare alla nostra vita.
Ma vedo anche come con-causa la perdita del legame maestro-allievo, così vitale per la crescita dei giovani. La coppia maestro-allievo, accanto a quella genitore-figlio è una componente vitale per la crescita. Tranne poche felici eccezioni, i ragazzi non rispettano i loro insegnanti, spesso li sentiamo dire che li odiano, se li incontrano per strada cercano di non farsi vedere e di non salutarli.
Eppure i giovani hanno fame e sete di relazionarsi con qualcuno che li veda, che li ascolti, che li aiuti a scoprire la loro bellezza e i loro talenti, che li guidi con rispetto e delicatezza verso la ricerca di loro stessi e dei loro scopi di vita.
Tutto questo non si può demandare a un’ora alla settimana, anche ammesso che l’ora di religione si trasformasse da ora di religione cattolica a ora di “religioni” in quanto conoscenza delle più importanti religioni del mondo.
E sarebbe già tanto.

L’ “educazione spirituale” di cui parlo dovrebbe essere compito di tutti gli insegnanti e opererebbe attraverso tutte le materie.
Obiezione: dove sono gli insegnanti preparati a questa trasmissione?
Che presuppone che uno la stia già attuando in sé questa educazione. Non che non ce ne siano, di insegnanti in… training spirituale, nell’accezione che ho cercato di delineare. Ne conosco, fortunatamente, ma sono ancora pochi.
In attesa che si allarghi il loro numero, mi viene da fare una proposta.
L’ora di religione è ormai disertata dalla maggioranza degli alunni soprattutto alla secondaria superiore. Chi chiede l’esonero deve frequentare una materia alternativa. Che
il più delle volte si riduce a tenere i ragazzi in un’aula dove fanno i compiti per il giorno dopo. O a fare, che so, i geroglifici egiziani o qualunque altra cosa di cui sia esperto l’insegnante di alternativa.
Non si potrebbe trasformare l’ora alternativa in una vera materia curricolare in cui si studiassero le biografie dei grandi illuminati di tutte le tradizioni, con letture dai testi sapienziali (Vangeli, Bhagavad Gita, Corano, Tao Te Ching, testi Sufi e della Cabala ecc.) ma anche testi letterari ispirati, testi di scienziati come Albert Einstein (Come io vedo il mondo), Niels Bohr, Werner Heisenberg e altri, visione di immagini artistiche e di film di particolare spessore, ricerca della spiritualità attraverso la bellezza della natura, del cosmo, delle formule matematiche (sic!) e delle scoperte della fisica…
Mancano i testi, ma se si cominciasse a lavorare a questo progetto i testi arriverebbero, siamo un popolo molto creativo! Un ministero un tantino creativo potrebbe addirittura indire una gara/concorso per i migliori libri di testo di “alternativa” e vedrete che arriverebbero subito libri di buona qualità!
Un’altra grave responsabilità spetta ai catechismi parrocchiali. Salvo poche eccellenti eccezioni. Ci siamo chiesti come mai i ragazzi, finito l’iter prima comunione-cresima disertano le parrocchie? Non ci sarebbe anche qui un urgente bisogno di una verifica e di un profondo cambiamento della catechesi? E dei linguaggi, dei segni, della liturgia? Ne ha parlato tanto papa Francesco, ma anche prima di lui papa Benedetto.
Eppure nella maggior parte delle parrocchie si continua a trasmettere il dirompente messaggio del vangelo in maniera annacquata e puerile oppure tramite affermazioni dogmatiche incomprensibili non solo ai ragazzi ma anche agli adulti. Inoltre le parrocchie si stanno trasformando in centri sociali, dove indubbiamente si svolgono iniziative utilissime rivolte agli immigrati, ai poveri, agli anziani, ai malati, ma…
..siamo sicuri che sia questo il compito di un sacer-dote? O non piuttosto quello di rispondere al bisogno disperato di senso e di sacro, di risanamento interiore, di liberazione, di essere accompagnati mentre attraversiamo inferni e deserti, di scoprire che siamo amati, che non siamo soli, di essere accompagnati verso una nuova nascita?
Voglio finire con una nota ottimistica. Ci sono gruppi, iniziative, centri dove si sta attuando questo lavoro di trasformazione radicale dell’idea di spiritualità e della prassi che ne consegue. Forse fa parte del grande rinnovamento che ci viene chiesto in questo passaggio d’epoca che gli insegnamenti indispensabili alla nuova umanità non vengano più dalle sedi istituzionali (scuola, chiese ecc.) ma da altri luoghi e centri più liberi, nuovi e ispirati. Che per ora sono poco visibili ma che quando sarà il momento esploderanno in tutto il loro potere.
