Giorni fa mi è stato chiesto : “Tu, come ex insegnante, che cosa ne pensi delle prove INVALSI?”
Ho risposto che non è qui il problema. Che continuino o vengano soppresse non cambia molto.
Che il mio parere è che bisogna cambiare tutto nella scuola.
E qui ho cominciato a sognare.
Sogno che dallo scontento, sconcerto, malessere, frustrazione in cui versa la scuola italiana possa nascere la voglia di avviare un grande dibattito. Non un fuoco di paglia come quelli che ogni tanto si accendono, occupano le piazze per un giorno o due, magari degenerano in stupidi scontri tra fazioni, per poi tornare nella stagnazione. Un vero, vasto dibattito. Non basato su slogan ma su un reale spirito di ricerca. Che si fermi la macchina della “pubblica istruzione” per un periodo, non so quanto. E che si cominci a dibattere nelle scuole, nelle piazze, nei bar, a casa degli amici, nelle fabbriche, alla radio, nei blog, con passione : quale educazione vogliamo per i nostri bambini e per i nostri giovani? Ma anche per noi adulti.
Sogno che ad animare questo dibattito vengano invitati i più grandi pedagogisti del nostro tempo, gli innovatori, i sognatori di qualunque estrazione : i Satish Kumar, i Galtung, i Naranjo, John P. Miller, Massimo Recalcati,(1) Alessandro D’Avenia, Daniele Novara e gli operatori del Cppp, gli operatori di Our Ultimate Investment, di G.A.T.E., di WYSE, del Progetto Alice, di Scuola senza zaino, delle scuole steineriane e così via. Ma anche quelli non più in vita, attraverso i loro scritti, da studiare e commentare. E che così come attorno al ’68 si risvegliò una genuina passione per la politica, oggi si possa risvegliare una grande e comune passione per l’educazione. Perché? Perché l’educazione ci riguarda tutti, che siamo o no addetti ai lavori. Perché noi educhiamo le nuove generazioni anche soltanto per come andiamo in autobus, per strada, o a comperare il pane. E perché l’educazione viene prima della politica, dell’economia, della sanità e di tutte le aree sensibili della nostra società e tutte le condiziona. Perché è la chiave per cominciare veramente a cambiare e a creare il futuro.
Utopia? Certo che sì. Senza l’utopia come faremmo a continuare a vivere? Ma la sola utopia come esercizio della mente e dell’immaginazione non basta, anche se è già di grande efficacia immettere nello spazio psichico collettivo pensieri chiari ed evolutivi invece che confusi, scettici e distruttivi.
Dopo il dibattito, il sogno e l’esercizio dell’immaginazione creativa, occorre poi cominciare a fare progetti. In questo ci sono di guida e ispirazione le parole di Danilo Dolci : “L’utopia cessa di essere tale quando diventa progetto”.
(1) Johan Vincent Galtung, Claudio Naranjo e Massimo Recalcati non sono pedagogisti ma nei loro scritti e nei loro interventi i temi educativi ricorrono spesso con spunti e proposte illuminanti.